Descrizione
«Questo breve capolavoro, pubblicato alcuni anni dopo la grande opera La linea e il circolo (1968), offre un’occasione privilegiata per comprendere il funzionamento di quella cosa mirabile quanto enigmatica che era ed è la mente di Enzo Melandri. Come nel libro maggiore (usiamo qui il termine in senso esclusivamente quantitativo), anche qui una singolarità mortale ed effimera ha impresso sull’immortalità del pensiero un segno inconfondibile». – Giorgio Agamben Confrontandosi in modo inedito con l’antico problema dei generi letterari, Enzo Melandri s’interroga innanzitutto sul perché esista qualcosa come i generi letterari, cioè sulla loro origine. Non solo, dunque, una questione, pur importante, di storia della letteratura, ma il problema genuinamente filosofico dei limiti del linguaggio e degli espedienti che esso deve mettere in atto per esprimere l’impossibilità della parola di venire a capo del suo rapporto col mondo. I generi letterari – la tragedia, la commedia, l’epica, l’elegia ecc. – appaiono, in questa prospettiva, come la traccia musicale ed emotiva che l’esperienza dei propri limiti segna sul linguaggio. Prefazione di Giorgio Agamben.